Affossamento del DDL Zan
L’Omolesbobitransfobia non è un’opinione ma discriminazione.
È ormai notizia risaputa lo stop che il Senato ha imposto al disegno di legge contro l’omolesbobitransfobia, la misoginia e l’abilismo. L’Italia perde così l’occasione di fare qualche – seppur timido e traballante – passo avanti in fatto di diritti e tutela delle minoranze, decidendo di allinearsi ai dettami oscurantisti di quelle realtà (politiche, religiose, culturali) che da sempre osteggiano qualsiasi forma di progresso in questo campo.
Non solo come attivist*, ma anche e soprattutto in quanto storic*, ricercator* e professor* ci preoccupa la piega che il dibattito parlamentare ha preso nei giorni immediatamente precedenti all’affossamento del DDL Zan; infatti uno degli articoli maggiormente osteggiati tocca da vicino noi e il progetto a cui stiamo lavorando tutt* insieme.
Per entrare nel merito, l’articolo 7, quello che avrebbe sancito ufficialmente la giornata nazionale contro l’omolesbobitransfobia (già festeggiata all’estero e quest’anno menzionata in un discorso del Presidente Mattarella), è stato a più riprese criticato a causa del presunto obbligo, per le scuole, di aderire alla manifestazione e dunque organizzare attività in linea con la giornata. Obbligo come ho detto presunto, visto che il DDL si limitava a menzionare la possibilità di inserire suddette attività all’interno del piano triennale dell’offerta formativa.
Per quanto i dubbi riguardassero, a torto, la libertà educativa delle scuole private e paritarie cattoliche (nelle quali evidentemente risulta legittimo avallare posizioni omolesbobitransfobiche), le contro-argomentazioni si sono subito rivolte all’intero sistema scolastico, potenziale vittima di pericolose derive ideologiche. È stata nuovamente ribadita la libertà di scelta educativa delle famiglie, mentre nessun* ha proferito parola in merito alla libertà di insegnamento.
L’ottusità e il disprezzo con cui si è parlato, tanto nel dibattito pubblico quanto in quello parlamentare, della possibilità di introdurre nelle scuole una singola giornata dedicata all’approfondimento delle tematiche LGBT+ (bollate ancora una volta come “ideologia gender” da cui soprattutto le generazioni più giovani andrebbero salvaguardate), getta ombre scure sul futuro di tutti quei percorsi di studio che cercano di emanciparsi dalla sola e pervasiva prospettiva cis-etero patriarcale occidentale.
Quando la politica è interessata a tutelare soltanto una visione univoca e, in un paese in cui gli studi queer e di genere stentano ancora ad affermarsi negli atenei, quali scuole -ci domandiamo – potrebbero accogliere con serenità un progetto come quello dell’LGBT+ History Month?